Aggressione all’Ukraina – 4 Consiglio UE del 11.03.2022 Conferenza stampa di Draghi

E’ importante, per farsi una propria opinione leggere interamente gli interventi completi dei nostri politici di spessore.

I discorsi dei populisti non fanno testo ma tanti danni (vedasi articoli Aggressione all’Ukraina 2 – “Il nostro amico Putin” – Civica Roveredo e Aggressione all’Ukraina 3 – il “pagliaccio” Salvini – Civica Roveredo).

L’articolo che segue lo abbiamo preso dal sito www.governo.it ed é di estrema importanza per i temi trattati: guerra, sanzioni, NATO, energia ed economia.

INTRODUZIONE DEL PRESIDENTE DRAGHI 

Questo Consiglio europeo informale è stato veramente un successo. Raramente ho visto l’Unione Europea così compatta specialmente nella discussione di ieri. C’era uno spirito di solidarietà su tutti gli argomenti che sono stati trattati che non credo di ricordare nei tanti Consigli europei a cui ho partecipato. Gli argomenti erano quelli previsti dall’agenda: energia, difesa, situazione macroeconomica.

Energia. Se dovessi riassumere quello che ho detto io e anche la discussione che c’è stata, la risposta alla situazione energetica è fondata su 4 pilastri. Il primo è la diversificazione, in due sensi: innanzitutto quello nei confronti di altri fornitori di gas rispetto al gas russo. Su questo noi abbiamo già cominciato a lavorare, stiamo facendo un buon progresso e devo ringraziare anche il ministro di Maio per questo, l’Italia è già attiva in questa direzione. L’altra direzione della diversificazione è quella della sostituzione di fonti fossili con rinnovabili. Come detto anche in Parlamento questa è l’unica strada su cui contare nel lungo periodo, ma occorre fare molto di più ora in questa situazione per aumentare visibilmente gli investimenti in quest’area. Il Consiglio dei Ministri ieri ha provato le delibere riguardanti 6 parchi eolici. Quindi le cose si stanno muovendo, ma il procedimento autorizzativo è ancora molto lento e questo è vero sia a livello comunitario sia a livello nazionale. Su questo punto la Commissione ha promesso che aiuterà gli Stati membri in ogni modo possibile. 

Il secondo pilastro è quello di introdurre un tetto ai prezzi del gas. Questo è un argomento molto complesso, Io credo che qualche effetto importante lo possa avere. Tanto è vero che da quando si è cominciato a discutere di questo, è una coincidenza forse, il prezzo dei gas è caduto fortemente da oltre 200 euro a circa 116 euro oggi. Su questo ci sono pareri vari, molti hanno sostenuto l’opportunità di questa misura. La Commissione, credo al prossimo Consiglio Europeo, presenterà più in generale un rapporto su come diminuire il contagio dal gas al resto dell’elettricità.
Il terzo pilastro, in parte connesso a questo, è come staccare il mercato dell’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili dal mercato del gas. Oggi c’è un solo prezzo, quindi anche l’energia elettrica prodotta a bassissimo costo – come è quella prodotta dall’energia da molte fonti rinnovabili – arriva al consumatore a un prezzo uguale a quella prodotta con il gas. Questa è la causa principale della lievitazione delle bollette.

Il quarto punto è la tassazione degli extra profitti delle società elettriche, ed è molto importante che la Commissione l’abbia riconosciuto nella sua comunicazione di qualche giorno fa. La Commissione stima che attraverso una tassazione dei sovra profitti delle società elettriche possa arrivare un gettito di circa 200 miliardi. Quindi è certamente una fonte a cui guardare con molta attenzione. Io lo dico da tanto tempo ma ora arriva anche il parere positivo della Commissione europea e, da quel che ho sentito, molti paesi membri pensano di perseguire questa strada. A proposito di queste insufficienze energetiche, la discussione si è allargata anche all’eventuale insufficienze di altre materie prime tra cui l’agroalimentare. In merito una delle risposte che viene naturalmente data è che se questo dovesse perdurare o aggravarsi occorrerà importare da altri paesi, Stati Uniti, Canada, Argentina.

Tutto questo, e lo vedremo anche in altre occasioni, cosa genera? Genera la necessità di una riconsiderazione di tutto l’apparato regolatorio che è giustificata da questa situazione di emergenza. Questo argomento lo ritroviamo sul Patto di stabilità, lo ritroviamo sulle leggi sugli aiuti di Stato, lo ritroviamo sugli standard dei prodotti agricoli eventualmente da importare, lo ritroviamo sul mercato dell’Elettricità. In sostanza c’è la convinzione ormai consolidata della Commissione che occorra rivisitare temporaneamente le regole che ci hanno accompagnato in questi anni. 

Sulla Difesa è stata una discussione breve ma interessante. Quello che ha citato Josep Borrell, un dato interessante, è che l’Unione Europea spende per la Difesa tre volte quello che spende la Russia. Francamente è un dato che mi ha sorpreso, pensavo fosse molto meno. Quello che noi dobbiamo ora raggiungere è un coordinamento di gran lunga migliore di quello che c’è oggi. Tanto per darvi un’idea, un altro dato citato è che noi abbiamo 147-146 sistemi di difesa mentre gli Stati Uniti ne hanno 34. La partecipazione alle gare, la produzione, i progetti comuni, il rilascio delle licenze, il coordinamento delle truppe sul campo: sono tutti ambiti su cui si è deciso di proseguire insieme.

Sulla situazione macroeconomica la discussione è stata interessante. Chiaramente è un momento di grande incertezza, non si può dire che l’economia vada male perché l’Europa continua a crescere. Nello stesso tempo questa incertezza suggerisce preoccupazioni per il futuro e quindi detta quella che è l’agenda di politica economica per i prossimi mesi.
Qui bisogna tener presente una cosa, i bisogni finanziari dell’Unione Europea per rispettare gli obiettivi di clima, gli obiettivi di difesa e una politica dell’energia sono molto grandi. Secondo i calcoli della Commissione e assumendo che la mancanza che noi vogliamo riempire per ciò che riguarda il bilancio della Difesa sia 0,6 per cento del PIL dell’Unione Europea, che è quello che ci separa dal livello deciso nella Nato, il fabbisogno finanziario è da 1,5 a 2 e più trilioni di euro nei prossimi 5-6 anni.

Questo per rispettare gli obiettivi climatici del 2030 e per metterci in regola con le promesse che abbiamo sottoscritto nella Nato. Ovviamente i bilanci nazionali non hanno questo spazio, questo tema l’ho posto in maniera molto chiara. Quindi bisogna trovare un compromesso su come generare queste risorse, su dove trovare queste risorse. Chiaramente all’interno dei bilanci nazionali non c’è questo posto. Anche su questo la discussione continuerà. Un altro dei motivi per cui questo Consiglio informale è stato un successo è che ha predisposto una base molto buona per la discussione che avverrà al prossimo Consiglio formale. Questo è uno degli argomenti di cui discuteremo tra qualche giorno nel Consiglio formale di Bruxelles. Concludo dicendo quindi che – tornando a questo – occorre una risposta di natura di politica di bilancio. È chiaro che se l’economia dovesse indebolirsi perché ci sono queste mancanze di materie prime, perché ci sono queste sanzioni, perché c’è una diminuzione dell’Export in generale, perché questa incertezza può proiettarsi sul mercato mondiale, sul commercio mondiale, perché i mercati finanziari sono abbastanza agitati, in quel caso occorrerà una convincente risposta di bilancio, delle politiche di bilancio. Che, ripeto ancora, non può tanto venire dai bilanci nazionali. Noi abbiamo speso 16 miliardi già ora per mitigare l’effetto dei rincari, quindi bisogna che sia una risposta Europea.

DOMANDE

Andrea Bonini (Sky TG24): Mi collego all’ultima parte del suo intervento e alle sanzioni economiche già molto pesanti che sono state applicate alla Russia e che potrebbero irrigidirsi ulteriormente. Il presidente americano Biden sarebbe pronto ad annunciare l’esclusione della Russia dal WTO con conseguenti – immagino – pesanti dazi per Mosca. Sono tutte misure che sottopongono a forte stress le nostre economie occidentali compreso la nostra. Che impatto rischiamo di avere, come possiamo compensare, cosa ne sarà delle esportazioni verso la Russia in attesa di eventuali risposte comuni? 

Presidente Draghi: “Le sanzioni che abbiamo già adottato sono molto pesanti e soprattutto sono state adottate da tutti i Paesi membri senza esitazioni. Queste sanzioni possono diventare ancora più pesanti. Quello che occorre fare, prima di tutto, è essere consapevoli che queste sanzioni hanno un impatto come stiamo vedendo tutti i giorni. Hanno un impatto sulle famiglie in termini di potere d’acquisto, hanno un impatto sulle imprese per la loro competitività ma ancora più importante – come accennavo prima – per il mantenimento della loro produzione. Come voi sapete, alcune imprese in alcuni settori produttivi come l’acciaio, la carta, la ceramica, hanno dovuto sospendere la produzione. Un po’ perché alcuni di questi sono ad alta intensità di energia e i prezzi dell’energia non rendevano più economica la produzione, ma in realtà perché mancava l’argilla, la materia di base; per l’azienda che produce acciaio mancavano i rottami di acciaio. Perché mancano i rottami di acciaio? Noi produciamo rottami di ferro ma chi li produce li vende in mercati dove sono pagati di più: in Turchia, in Cina. Quindi questa situazione, se non affrontata, ha il potenziale di fratturare il sistema economico europeo conducendoci verso il protezionismo. E questo è stato un altro tema su cui c’è stata unanimità: si vuol respingere il protezionismo ma non basta, bisogna anche sostenere famiglie e imprese”.

Stefano Montefiori (Corriere della Sera): A proposito della domanda di adesione dell’Ucraina, il presidente Zelensky ha appena espresso la sua delusione per gli esiti di questo vertice. Ha ripetuto in un video poco fa che l’Unione Europea dovrebbe fare di più, che le decisioni degli uomini politici dovrebbero coincidere con l’umore dei loro popoli, i popoli europei. Pensa che in effetti ci sia una discrepanza tra le decisioni prese a Versailles e il sentimento pro Ucraina di molti cittadini europei? L’Italia era pronta a fare di più? Ci sono stati freni da parte di altri Paesi? E che cosa potrà fare di più l’Europa nelle prossime settimane, nel prossimo vertice informale?

Presidente Draghi: “Il linguaggio non è il linguaggio che magari qualcuno si aspettava o qualcuno desiderava. Nessuno si aspettava un linguaggio molto aperto per un’immediata adesione perché non è nel nostro Trattato. Le procedure di adesione all’Unione Europea sono procedure che stanno nel nostro Trattato. Però c’è stato un progresso. Prima si diceva “L’Ucraina appartiene alla famiglia europea”, ora si dice anche che il Consiglio Europeo sostiene l’Ucraina nel perseguire il sentiero verso l’integrazione europea. Più o meno un linguaggio di questo tipo. C’è una grande disponibilità da parte di tanti, c’è una grande determinazione ad averla subito o comunque ad accelerare le procedure di adesione da parte di altri e c’è una notevole cautela da parte di altri ancora. Perché? Perché evidentemente queste sono procedure fondanti dell’Unione Europea. Che rappresentano uno dei momenti cruciali, ovvero quali sono le regole per entrare e quali sono le regole per uscire. In realtà non ci sono regole per uscire, come sappiamo bene. Ma quelle per entrare sono molto precise e prevedono un periodo – che è lungo – di riforme strutturali e di tanti altri obblighi per portare la società, l’economia, le strutture istituzionali di questi Paesi a un livello paragonabile a quello degli altri membri dell’Unione Europea. Io sono il primo a pensare che un messaggio di incoraggiamento su questo fronte sarebbe di grande aiuto, nello stesso tempo bisogna anche rispettare quello che dicono altri Paesi e le loro cautele. Quindi continuiamo a lavorare. L’Italia è molto disposta, è molto a sostegno dell’Ucraina anche in questo e vediamo. Man mano faremo altri progressi, però nel rispetto del Trattato”.

Tommaso Ciriaco (la Repubblica): Presidente, alla luce anche dei colloqui che ha avuto durante il vertice, le chiedo se è emerso il rischio o comunque la preoccupazione di un allargamento dell’aggressione Russia ad altri Paesi – ad esempio la Georgia, la Moldavia – e se ci sono stati degli avanzamenti rispetto agli investimenti sulla difesa e se ci può quantificare quanto lei lo riterrebbe necessario in questa fase.

Presidente Draghi: “No, io non credo almeno ad oggi di vedere questo rischio. Anzi sia gli Stati Uniti sia altri Paesi europei hanno dichiarato esplicitamente che non c’è questo rischio perché non manderanno soldati sul territorio. Ma è anche per questo che le sanzioni sono così pesanti e così ferme. Più pesanti sono le sanzioni minore è il rischio che si allarghi il conflitto militare. Questo è quello che il Presidente Biden ha detto: le sanzioni sono state applicate proprio per evitare un allargamento del conflitto militare. Questo è importante e nello stesso tempo però, come ho detto prima, è importante anche sostenere l’economia perché queste sanzioni così forti diventino sostenibili all’interno dei Paesi che le hanno prese e le hanno approvate con convinzione. Io devo ringraziare ancora una volta il Parlamento, in particolare il partito di opposizione e comunque anche altri dell’opposizione, per aver approvato le sanzioni e in generale le nostre proposte come reazione italiana alla crisi ucraina.
Per quanto riguarda gli investimenti sulla difesa, ci sono dei primi conteggi ma quello che è venuto fuori oggi è che in realtà bisogna spendere tanto per arrivare dallo 0.6% al 2%, è parte di quel trilione e mezzo-2 trilioni, quindi sono grossissime investimenti. Ma è anche venuto fuori che noi già spendiamo tanto per la Difesa, non siamo così lontani non in assoluto rispetto al 2% ma rispetto alla spesa per la difesa russa. Quello che è fondamentale, come dicevo prima, è il coordinamento. Oggi andiamo un po’ tutti per conto nostro e questo è molto importante perché occorre definire una strategia di difesa europea. Una delle cose che ho detto è che la nostra sicurezza, la sicurezza europea, è irrinunciabile. Ma è irrinunciabile anche la sicurezza transatlantica. Quindi noi dobbiamo avere una Difesa europea forte che si affianchi a una NATO con una relazione di complementarietà. Più forte è la Difesa europea, più forte è la NATO”.

Nadia Pietrafitta (La Presse): Buongiorno Presidente. Prima ci parlava della difficoltà crescente di reperire materie prime e dell’aumento dei prezzi. L’allarme – ci diceva anche ieri – è stato affrontato in Consiglio dei ministri ed è un allarme che cresce anche nel Paese. Tra i cittadini c’è la corsa anche all’approvvigionamento nei supermercati. Dobbiamo temere un’economia di guerra? 

Presidente Draghi: “No no, non ancora. Dobbiamo prepararci ma non è assolutamente un’economia di guerra, specialmente per gli approvvigionamenti di cose fondamentali come il cibo. Alcuni allarmi che ho visto sui giornali di oggi sono grandemente esagerati. Prepararsi non vuol dire che deve avvenire con probabilità 1 sennò saremmo già in una situazione di economia di guerra, di razionamento. La discussione che c’è stata è stata originata da una relazione del ministro dell’Agricoltura e del ministro per lo Sviluppo economico su alcune interruzioni di approvvigionamenti di materie prime in agricoltura e per l’industria. Di agricoltura ho discusso con alcuni colleghi, alcuni Presidenti del consiglio che erano intorno al tavolo, per vedere di risolvere, di dare una risposta immediata a questo problema e, almeno per quello che sono le rassicurazioni avute da loro, il problema immediato sembra risolto. Bisogna però immaginare che queste interruzioni nei flussi di approvvigionamento possono accadere, specialmente se la guerra continuerà per tanto tempo. Quindi la risposta consiste nell’approvvigionarsi altrove e bisogna immediatamente – come stiamo facendo con l’energia – riorientare le nostre fonti di approvvigionamento verso altri posti. In agricoltura Canada, Stati Uniti, Argentina e altri Paesi. Questo significa costruire delle nuove relazioni commerciali come stiamo facendo nel campo dell’energia. Quindi bisogna essere reattivi a queste cose, non bisogna soggiacere all’angoscia, alla preoccupazione e subire passivamente”.

Marco Iasevoli (Avvenire): Buon pomeriggio presidente, la porto un attimo fuori dai temi economici. Siamo arrivati a 30mila persone ucraine che sono entrate nel nostro territorio. Lei sa che sinora la risposta è stata la grande generosità dell’associazionismo e del volontariato, delle famiglie che hanno aperto la porta senza fare troppi calcoli. A 15 giorni dall’inizio di questo flusso è arrivato il momento che il governo abbia un piano strutturato con risorse certe, una struttura commissariale, degli obiettivi definiti?

Presidente Draghi: “Ho parlato almeno tre volte nel Consiglio Europeo dell’immigrazione e dell’esperienza italiana. Poi, come previsto, ho avuto un incontro con il primo ministro polacco e uno dei temi trattati è stato proprio questo. Nel caso dell’incontro col ministro polacco abbiamo parlato soprattutto dei flussi. I nostri sono i più alti al di fuori della Polonia e della Romania. Più che i flussi abbiamo discusso di come organizzare questi flussi nei confronti di altri Paesi tra cui l’Italia, dove evidentemente una delle cose che ci siamo detti è che il terzo settore è fondamentale in tutto questo. Ho trovato un interlocutore molto preparato e molto pronto su questo punto del terzo settore. In Italia l’autorità che sta gestendo l’immigrazione – e da quello che capisco molto bene – è la Protezione Civile. La Protezione civile oggi è il nostro commissario all’emergenza dell’immigrazione. Come sapete, questo flusso di migrazione riceve numerose tutele dal governo senza bisogno di fare domande, cioè è inserito automaticamente in un canale diverso da quello degli altri flussi migratori. Quindi tutela legale, tutela per la casa, la scuola per i bambini. A proposito, i bambini sono un problema a sé stante. Perché di 32mila oltre il 90% sono donne e bambini. Per questo non solo il terzo settore, il governo, ma un ruolo lo svolgono i giudici minorili per poter affrontare questo problema con umanità ma anche con competenza e con professionalità. Poi ci sono altre due dimensioni. Una dimensione che riguarda i pazienti, sia i pazienti oncologici sia pazienti con altre malattie. Su questo l’Italia ha organizzato già da un po’ di tempo una rete di accoglienza negli ospedali che si sono offerti – e ce ne sono tanti – e in centri di cura. Inoltre c’è un secondo problema che è quello degli orfani. L’Ucraina, per motivi che non conosco, già prima della guerra aveva una percentuale di orfani nettamente superiore a tutti i Paesi circostanti. I numeri esatti non li ricordo ma sono nell’ordine 140 – 160 mila orfani prima della guerra. Quindi con la guerra e con il flusso migratorio questi bambini orfani vengono portati in giro per l’Europa, questo è un altro problema ancora, un’altra dimensione umanitaria di cui bisogna occuparsi e il governo italiano sta cercando di farlo al meglio”.

Federica Ionta (Radio Rai): Buonasera, lei ha detto che i bilanci nazionali non bastano ad affrontare queste sfide che ha citato. Le volevo chiedere cosa ne pensano i paesi cosiddetti “frugali”, se c’è un’unità di intenti anche in questo senso. E se oltre alla dichiarazione programmatica si è parlato anche concretamente di come reperire queste eventuali risorse. Se si parla di eurobond, debito comune, se ci sarà questo famoso Recovery di guerra? Grazie.

Presidente Draghi: “No, non se n’è parlato in dettaglio perché, specialmente io ho ritenuto che non fosse maturo il momento. Ho presentato l’esigenza e la Commissione poi presenterà una proposta, che andrà certamente più in dettaglio su come organizzare questa risposta. Il punto è questo: questi bisogni finanziari, come ho appena detto, hanno una dimensione tale che non è che non hanno posto nel bilancio italiano, non hanno posto nel bilancio di quasi tutti i paesi. Quindi l’alternativa è questa: o si dà una risposta, che tra l’altro è la risposta giusta anche per la congiuntura come dicevo prima, perché la situazione deve prevedere una politica fiscale che continua a essere espansiva, centrata sugli investimenti, non sulla spesa corrente, ma deve esserci; oppure l’alternativa semplicemente è che questi obiettivi non vengono conseguiti, né quello della difesa comune né quello del clima, degli obiettivi climatici. Attenzione, su questo noi continuiamo ad avere le risorse del PNRR, quindi andiamo avanti con quelle e soprattutto cerchiamo di spenderle e di averle, quindi dobbiamo andare avanti con quell’agenda: questo è il punto che ho fatto in Parlamento. Non è perché c’è la guerra ora siamo tutti fermi. Perché oltretutto mettiamo a rischio i finanziamenti che ci dovrebbero venire subito, la prossima volta in giugno con il conseguimento degli obiettivi in giugno e poi di dicembre. È importantissimo continuare con la stessa convinzione nei mesi passati a svolgere quell’agenda. Oltre questo però occorre fare di più: cioè occorre una risposta europea, oltre questo”.

Alessandro Barbera (La Stampa): Presidente, buonasera, a inizio settimana si è notata la sua assenza ad un vertice a 4, sempre a distanza, tra il Presidente Biden, Macron, Scholz e Johnson. 
Tutti le riconoscono grande autorevolezza internazionale, l’ha fatta valere ai tavoli europei in questo anno. Le volevo chiedere se in questa fase l’Italia sta pagando in qualche modo la sua difficoltà sugli approvvigionamenti di energia che, in qualche modo, ci tengono, ci hanno resi dipendenti verso il gas russo o se ci sono alcuni comportamenti pregressi, ambiguità pregresse di alcuni partiti della maggioranza che la sostengono che possono pesare sulla nostra capacità di incidere in una partita in cui la nostra linea contro la Russia deve essere molto, molto ferma.

Presidente Draghi: “Escluderei entrambi i motivi. Prima di tutto perché la nostra dipendenza dall’energia è più o meno quella stessa che ha la Germania, forse anche un po’ meno. La nostra dipendenza dal gas russo è più o meno quella che ha la Germania e forse anche un po’ meno, perché la Germania dipende anche per il carbone dall’importazione della Russia, quindi non è quello. Non direi che ci sono ambiguità passate. Ricordo la fermezza con cui abbiamo seguito gli alleati e abbiamo adottato delle sanzioni, che devo dire non è stato facile farlo perché a priori sembravano minare la nostra capacità di mandare avanti il processo produttivo. Le abbiamo adottate con fermezza e siamo pronti a fare ancora di più, ma nello stesso tempo abbiamo reagito come vi ho detto prima: diversificando le fonti prima di tutto. Ora andiamo avanti su questo percorso, non c’è assolutamente nessuna questione. Il formato che è stato adottato per quella riunione è un formato noto, già usato; l’argomento principale di discussione era l’Iran e per l’Iran il governo italiano di allora decise di non partecipare a questo formato, che poi è rimasto. Quindi non c’era un motivo fondamentale per essere chiamati a partecipare. Adesso tutti i riscontri che ho avuto qui, vanno esattamente nella direzione opposta: cioè di una richiesta di coinvolgimento, un desiderio di presenza italiana. Comunque c’è un problema più generale, come ho detto in Parlamento: non è che noi dobbiamo cercare un ruolo, dobbiamo cercare la pace, che è differente, quindi dobbiamo essere pronti. Oggi, a proposito da quello che si può capire, il presente Putin non vuole la pace, quindi per cercare la pace bisogna che la si voglia: oggi non la si vuole. Il piano sembra essere un altro: io, mentre dico questo naturalmente mi auguro che al più presto si arrivi a qualche spiraglio. Io personalmente e il governo nel suo complesso faremo di tutto per esserci, per chiedere che si arrivi presto alla pace, per far di tutto perché il Presidente Putin e anche il Presidente Zelensky arrivino a un accordo che però salvi la dignità dell’Ucraina”.

Michele Esposito (Ansa): Presidente, volevo soffermarmi su quanto detto dalla Bce ieri che ha confermato di fatto una stretta con effetti anche negativi sulle borse. Lei crede che ci siano da qui all’estate dei rischi sul nostro debito?

Presidente Draghi: “No, no. Ovviamente non commento la decisione della Bce perché ora faccio un altro mestiere, questa è una domanda che mi potevano fare qualche anno fa, ma no non ci sono rischi. La performance dell’economia italiana l’anno scorso è stata a dir poco eccezionale, noi entriamo in quest’anno con quello che gli economisti chiamano “un acquisito di crescita” alto, molto alto. A mia memoria non ricordo una situazione del genere, quindi siamo in grado di affrontare anche un rallentamento temporaneo dell’economia e arrivare alla conclusione di quest’anno con un altro buon dato di crescita. Però, come ho detto prima, la guerra e le sanzioni e tutto quel che segue hanno certamente aumentato le nubi su questa crescita. Saremo probabilmente in grado di capire meglio quando usciranno le previsioni degli altri: del Fondo Monetario Internazionale, l’Ocse – credo sia uscita ieri. Ci sono le previsioni della Bce su questo e sono complessivamente abbastanza ottimistiche”.

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